Insegnanti aggrediti nei corridoi

Insegnanti aggrediti nei corridoi

Il bullismo. Violenza quotidiana nelle scuole medie di frontiera, una prof della Masseria Cardane: «Banchi, sedie, zaini, vola di tutto»


Luca Saulino

Napoli. Le regole prima di tutto. Nelle scuole di frontiera quella che mia volta si chiamava "educazione civica" non è una vera e propria materia. Piuttosto si tratta di far rispettare le norme necessarie sia per la convivenza tra i ragazzi, sia per una crescita dell'individuo. Si parte dall'ora di educazione fisica. Per fare ginnastica o allenarsi in una partita di basket o pallavolo l'alunno dovrebbe indossare tuta e scarpette. Il condizionale è d'obbligo perché spesso accade che gli studenti pretendano di entrare in palestra privi della tenuta richiesta.
Alla Media "Carlo Levi" di Scampia una docente ha vietato ad un allievo di praticare l'attività sportiva in mancanza dell'abbigliamento adatto. Lui non ci ha pensato su due volte e ha scatenato la sua rabbia contro la porta di un'aula tirandola fuori dai cardini. Alle piccole e grandi espressioni di bullismo è, dunque, dedicata la seconda puntata del viaggio del "Roma" negli istituti in trincea. Un fenomeno, quello della prevaricazione tra gli adolescenti, che si consuma capillarmente su tutto il territorio napoletano, ma che nei plessi di periferia sembra raggiungere la sua apoteosi. La violenza minorile tra i banchi esplode periodicamente anche per futili motivi: una parola o uno sguardo di troppo, uno sgarro al compagno che vanta legami con la malavita, un "no" detto da un soggetto più timido al baby-guappo.
Alla "Giuseppe Moscati", il plesso che sorge nel cuore della Masseria Cardone - racconta una docente che preferisce restare anonima - «puntualmente vola di tutto, dai banchi alle sedie passando per gli zaini ed altri oggetti personali». La regola è un peso da schivare ogni giorno per quei ragazzi che passano intere sere a scorazzare sui motorini, anche in tre e senza casco, che salgono sugli autobus senza obliterare il biglietto, perché nella scuola come nell'ambiente esterno «la comandiamo noi».
Il diktat dei bulli può sfociare in offese verbali alle insegnanti. R.R. viene da Giugliano e insegna matematica in una Media di Miano: «Una volta rimproverai un ragazzino che s'intratteneva nel corridoio, mi diede mio spintone e mi rispose "Ma tu che vuò?"». Violare la regola all'ombra delle Vele significa anche andare a scuola senza nemmeno penna e quaderni. Povertà? Macché. Quegli stessi ragazzi hanno l'ultimo cellulare uscito sul mercato, l'Ipod e indossano capi griffati.
Nella Masseria Cardone il bullismo assume anche mi volto femminile. Lungo il marciapiede che guarda verso le caserme, tra l'istituto professionale e la "Moscati" - rivela mia prof - «ci sono ragazzine appartenenti anche alla lontana a famiglie camorristiche che si fanno portare la cartella dai compagni. Loro non si tirano indietro perché sanno che quella famiglia potrebbe tornare utile per qualsiasi cosa nel quartiere».
A Secondigliano un gruppetto di ragazzini delle Medie invece si era inventata una forma di mini-racket da attuare davanti alle scuole. Ci hanno provato con successo, si fa per dire, davanti alla "Pascoli" e alla "Lucrezio Caro".
Una volta usciti dai rispettivi istituti, che si trovano sparsi nella periferia nord, si precipitavano ad attendere i "colleghi" per imporre un "pizzo" di pochi spiccioli. Il fenomeno da diverse settimane sembra però rientrato.




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Fonte: Roma - 12/12/2007 Pag. 5

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