Emergenza scuola violenta, non è (più) un Paese per insegnanti

Emergenza scuola violenta, non è (più) un Paese per insegnanti

Docenti aggrediti da genitori e alunni: molteplici gravi episodi. La delegittimazione del mestiere è lo specchio di un Paese fragile e confuso

di Caterina Mangia

C’era una volta la “corresponsabilità educativa”. Espressione complicata per indicare un’azione semplice: quando un bambino o ragazzo, tornato da scuola, riportava il rimprovero di un’insegnante, veniva doppiamente e coerentemente redarguito dai genitori.
Adesso si assiste a un processo di rovesciamento: invece di educare i propri figli, sempre più padri e madri arrivano ad ammonire, se non addirittura a picchiare e malmenare, gli stessi  formatori. Ciò avviene nei casi “migliori”: nei “peggiori”, gli alunni si fanno “giustizia da soli”. Insomma, l’Italia non è più un Paese per insegnanti, il cui mestiere viene progressivamente delegittimato, fino a diventare pericoloso.
Numerosi casi di cronaca mostrano che sempre più spesso, a essere “corretto” non è il comportamento del giovane, bisognoso di regole da apprendere, ma quello dell’istitutore scolastico: negli ultimi mesi sono stati molteplici i gravi episodi che hanno coinvolto la comunità educante. Ieri un’insegnante della provincia di Piacenza è stata aggredita nientemeno che da uno studente di prima media, finendo al pronto soccorso per ripetuti colpi a un braccio.
Pochi giorni fa, il padre di un alunno della scuola secondaria di I grado “Murialdo” di Foggia ha irrotto nell’istituto, e senza chiedere spiegazioni o chiarimenti, ha preso a pugni sul volto, sull’addome e sulla testa il vicepreside, Pasquale Diana, finito in ospedale con una prognosi di 30 giorni. Il motivo dell’aggressione? Secondo l’Istituto scolastico, il docente si era “permesso” di rimproverare il ragazzo perché spingeva le compagne di classe. Ancora più grave il caso della professoressa Franca Di Blasio, insegnante a Santa Maria a Vico, nel casertano, che è stata sfregiata al volto con un coltello da uno studente 17enne per avergli messo una nota sul registro.
Il 2018 è stato “inaugurato” dall’aggressione, in una scuola media di Avola, a un docente di educazione fisica da parte di una coppia di genitori di 47 e 33 anni: l’insegnante, a cui è stata rotta una costola, è stato picchiato perché “reo” di aver rimproverato il figlio dodicenne.
Lungi dall’essere rispettati come espressione di un’istituzione formativa e autorevole, i docenti sono sempre più contestati, vilipesi, umiliati, picchiati: gli episodi non si limitano alla cronaca locale, ma sono carichi di un importante significato etico.
Il genitore che picchia l’insegnante, l’alunno che aggredisce il docente sono lo specchio di un Paese fragile  e confuso, che non accetta più regole e figure autorevoli, in cui l’accondiscendenza sembra essere l’unico modo accettato di interagire con i giovani.
Un Paese sofferente e chiuso in se stesso, che – non a caso -, manifesta sfiducia nelle istituzioni e lontananza dalla politica, rovesciando le gerarchie sociali in modo dannoso per se stesso e, soprattutto, per le nuove generazioni.

http://lascuolaviolenta.blogspot.it
Fonte: lametasociale.it - 15 febbraio 2018
Link consultato il 15/02/2018: link

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